Ricorso della  Provincia  autonoma  di  Trento,  in  persona  del
Presidente della  Giunta  provinciale  pro  tempore  Lorenzo  Dellai,
autorizzato  con  deliberazione  della  Giunta  provinciale  del   16
settembre 2011, n. 1981 (doc. 1), rappresentata  e  difesa,  come  da
procura speciale n. rep. 27601 del 23 settembre 2011 (doc. 2), rogata
dal dott. Tommaso  Sussarellu,  Ufficiale  rogante  della  Provincia,
dall'avv. prof. Giandomenico  Falcon  di  Padova,  dall'avv.  Nicolo'
Pedrazzoli dell'Avvocatura della  Provincia  di  Trento  e  dall'avv.
Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in  Roma  nello  studio  di
questi in via Confalonieri n. 5; 
    Contro il Presidente del Consiglio dei ministri; 
    Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale del decreto
legislativo 23 giugno 2011, n. 118, recante Disposizioni  in  materia
di armonizzazione dei sistemi contabili e degli  schemi  di  bilancio
delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma  degli
articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009,  n.  42,  pubblicato  nella
G.U. n. 172 del 26 luglio 2011, limitatamente a: 
        articolo 29 (Principi di valutazione  specifici  del  settore
sanitario), comma 1, lettera k,  nella  parte  in  cui  si  riferisce
espressamente alle province autonome: 
        articolo 37 (Disposizioni concernenti le  Regioni  a  statuto
speciale e le province autonome di  Trento  e  di  Bolzano),  secondo
periodo,  nella  parte  in  cui  prevede  la  immediata   e   diretta
applicazione  anche  nella  provincia  autonoma   di   Trento   delle
disposizioni del decreto legislativo n. 118 del 2011  e  dei  decreti
legislativi di cui all'articolo 36, comma  5,  del  medesimo  decreto
legislativo n. 118 del 2011, qualora 
        entro sei  mesi  dall'entrata  in  vigore  dei  medesimi  non
risultino concluse le procedure previste dall'articolo 27 della legge
5 maggio 2009, n. 42, sino al completamento delle medesime procedure; 
    Per violazione: 
        degli articoli 8, n.  1),  9,  n.  10)  e  16  dello  Statuto
speciale; 
        del Titolo VI, ed in particolare degli articoli 79, 80, 81  e
83; 
        degli articoli 104 e 107, dello Statuto speciale; 
        del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, in particolare
articolo 2; 
        del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268, in particolare
articolo 16; 
        del decreto del Presidente della Repubblica 19 novembre 1987,
n. 526, in particolare articolo 8; 
        della legge 5 maggio 2009, n. 42, anche  in  connessione  con
l'art. 76 Cost.; 
        del principio di ragionevolezza  e  del  principio  di  leale
collaborazione. 
 
                              F a t t o 
 
    Il presente ricorso si riferisce al decreto legislativo 23 giugno
2011, n. 118, recante Disposizioni in materia di  armonizzazione  dei
sistemi contabili e degli schemi di  bilancio  delle  Regioni,  degli
enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2  della
legge 5 maggio 2009, n. 42. 
    Il decreto ha un contenuto duplice. 
    Il Titolo primo «contiene i principi in materia di armonizzazione
dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli
enti locali di cui all'articolo 2 del decreto legislativo  18  agosto
2000, n. 267 e dei loro enti e organismi strumentali»,  ad  eccezione
dei sistemi contabili relativi  al  governo  della  spesa  sanitaria,
esclusi gli enti di cui al titolo secondo del presente decreto  (art.
1, comma 3). 
    Le disposizioni  del  Titolo  secondo  si  applicano  agli  «enti
coinvolti nella gestione della  spesa  sanitaria  finanziata  con  le
risorse destinate al Servizio sanitario nazionale,  come  individuati
all'articolo 19». 
    L'art. 19, a  sua  volta,  precisa  che  il  Titolo  II  contiene
disposizioni «dirette a disciplinare le modalita' di redazione  e  di
consolidamento dei bilanci da parte  dei  predetti  enti,  nonche'  a
dettare i principi contabili cui  devono  attenersi  gli  stessi  per
l'attuazione delle disposizioni ivi contenute» (comma 1); ed al comma
2 precisa che enti destinatari sono le  regioni  (per  la  parte  del
bilancio regionale che riguarda  il  finanziamento  e  la  spesa  del
relativo servizio sanitario, nonche' per la parte  del  finanziamento
del servizio sanitario regionale direttamente  gestito),  le  aziende
sanitarie locali, le aziende ospedaliere, gli istituti di ricovero  e
cura a  carattere  scientifico  pubblici,  anche  se  trasformati  in
fondazioni, le aziende ospedaliere  universitarie  integrate  con  il
Servizio sanitario nazionale, gli istituti zooprofilattici (art.  19,
comma 2). 
    Poiche' la Provincia autonoma di Trento non e'  coinvolta  «nella
gestione della spesa sanitaria finanziata con le risorse destinate al
Servizio  sanitario  nazionale»,  ma  finanzia  la  spesa   sanitaria
nell'ambito del proprio bilancio, le disposizioni del Titolo  secondo
non appaiono di per se' rivolte alla Provincia  autonoma  di  Trento.
Per questa parte, dunque, le censure prospettate nel presente ricorso
sono proposte a titolo  cautelativo,  nel  caso  si  dovesse  opinare
diversamente. 
    Sia le disposizioni  del  Titolo  primo  che  quelle  del  Titolo
secondo vengono  dichiarate  costituire  «principi  fondamentali  del
coordinamento della finanza  pubblica  ai  sensi  dell'articolo  117,
comma 3, della Costituzione», finalizzate  «alla  tutela  dell'unita'
economica della Repubblica  italiana,  ai  sensi  dell'articolo  120,
secondo comma, della Costituzione». 
    Quanto all'efficacia e al modo di operare del decreto legislativo
n. 118 del 2011, l'art. 1, comma 2, prevede che «le Regioni  adeguano
con legge i  propri  ordinamenti  alle  presenti  disposizioni»  (con
riferimento dunque ad entrambi i Titoli),  e  che  qualora  esse  non
provvedano all'adeguamento entro sei mesi dall'entrata in vigore  dei
decreti legislativi di cui all'articolo 36, comma 5, le  disposizioni
di cui al Titolo I (e quelle degli stessi decreti di cui all'articolo
36,  comma  5)  trovino  «immediata  e  diretta  applicazione»   sino
all'adozione delle disposizioni regionali. 
    La stessa previsione di adeguamento, e di eventuale  applicazione
«immediata e diretta»  dopo  sei  mesi  dall'entrata  in  vigore  dei
decreti legislativi, non si trova nel Titolo  secondo,  di  modo  che
permane una incertezza  sulle  modalita'  operative  di  questo:  dal
momento che, come sopra  esposto,  l'art.  1  prevede  per  tutte  le
disposizioni  del  decreto  che  le  Regioni  adeguino   il   proprio
ordinamento entro sei mesi. 
    I riferimenti alle Regioni contenuti negli articoli 1 e 19  vanno
intesi come rivolti alle Regioni a statuto ordinario. 
    Lo dimostra in primo luogo la considerazione della  delega  sulla
quale il decreto legislativo n. 118  del  2011  si  fonda,  cioe'  la
delega disposta dall'art. 2, comma 1 e comma  2,  lettera  h),  della
legge  n.  42  del  2009,  espressamente  richiamati  nelle  premesse
dell'atto. Tale legge, infatti, si riferisce alle Regioni  a  statuto
ordinario (come e' sancito dall'art. 1, comma  2,  nonche'  dall'art.
27, comma 1, che rinvia per le autonomie speciali ad  apposite  norme
di attuazione). 
    Lo dimostrano poi la storia e la struttura del testo. 
    Nel   progetto   portato   all'attenzione   delle   Regioni   per
l'espressione dell'intesa in Conferenza Unificata (doc. 3,  riportato
limitatamente all'articolato), il riferimento alle Province  autonome
di Trento e di Bolzano - in origine espressamente menzionate a fianco
delle «Regioni» negli articoli 1 e 19 (il che  comportava  ovviamente
anche l'inclusione delle Regioni speciali) - risultava soppresso  dal
testo approvato in via preliminare dal Consiglio  dei  Ministri,  nel
quale era invece inserita una disposizione di raccordo  del  seguente
tenore (articolo 35-bis): 
    La decorrenza e le modalita' di applicazione  delle  disposizioni
di cui al presente decreto legislativo nei confronti delle Regioni  a
statuto speciale e delle province autonome di Trento  e  di  Bolzano,
nonche' nei  confronti  degli  enti  locali  ubicati  nelle  medesime
Regioni speciali e province autonome, sono stabilite, in  conformita'
con i relativi statuti, con le procedure  previste  dall'articolo  27
della legge 5 maggio 2009, n. 42. 
    In  sede  di  espressione  dell'intesa  le   autonomie   speciali
chiedevano  la  riformulazione  del  predetto  articolo  35-bis,  nel
seguente modo: 
    1. - Le regioni a statuto speciale  e  le  province  autonome  di
Trento e Bolzano provvedono, anche nei confronti  degli  enti  locali
ubicati  nelle  medesime  Regioni  a  statuto  speciale  e   province
autonome, laddove la finanza locale rientri nelle loro competenze, ad
adeguare i  propri  ordinamenti  contabili  ai  principi  di  cui  al
presente decreto legislativo ai sensi dei propri statuti di autonomia
e delle relative norme di attuazione». 
    Sennonche', l'art. 37 del decreto n. 118 del 2011 (nel  quale  e'
stato trasfuso il suggerito art. 35-bis) non  solo  non  tiene  conto
della diversa  formulazione  data  con  l'intesa,  ma  inopinatamente
contiene anche un secondo periodo cosi' concepito: 
    «Qualora entro  sei  mesi  dall'entrata  in  vigore  dei  decreti
legislativi di cui all'articolo 36, comma 5, non  risultino  concluse
le procedure di cui al primo periodo,  sino  al  completamento  delle
procedure medesime, le disposizioni di cui al presente decreto  e  ai
decreti  legislativi  di  cui  all'articolo  36,  comma  5,   trovano
immediata e diretta applicazione nelle Regioni a statuto  speciale  e
nelle province autonome di Trento e di Bolzano». 
    Si tratta della disposizione che  forma  oggetto  della  presente
impugnazione. 
    Cosi' facendo, infatti,  il  d.lgs.  n.118  del  2011  detta  una
disciplina  diretta  e  dettagliata  di  una  materia  di  competenza
provinciale, andando oltre  i  limiti  della  delega  e  violando  lo
Statuto di autonomia e le norme di attuazione nei modi che di seguito
si illustreranno. 
    Accanto alla disposizione sopra  menzionata,  forma  oggetto  del
presente ricorso anche l'articolo 29, comma 1, lettera k, nella parte
in cui esso, nel riferirsi alle situazioni nelle  quali  «le  singole
regioni non esercitino la scelta di gestire  direttamente  presso  la
regione  ...  una  quota  del  finanziamento  del  proprio   servizio
sanitario», pone accanto a «la regione» anche un  riferimento  a  «la
provincia autonoma». 
    Per vero, la ricorrente Provincia ritiene che con  ogni  evidenza
tale  riferimento  costituisca   null'altro   che   un   difetto   di
coordinamento del testo, in relazione alle modifiche concordate nella
sede della  Conferenza  Stato-Regioni,  e  che  dunque  gia'  in  via
interpretativa di esso non si debba tenere conto. 
    Tuttavia, per ragioni di chiarezza e certezza del diritto,  anche
di tale riferimento si chiede qui la dichiarazione di  illegittimita'
costituzionale. 
    Infatti, ad avviso della ricorrente Provincia autonoma di  Trento
le disposizioni impugnate sono  lesive  della  propria  competenza  e
costituzionalmente illegittime per i seguenti motivi di 
 
                            D i r i t t o 
 
    1. -  Illegittimita'  costituzionale  dell'articolo  37,  secondo
periodo. 
    Come illustrato in narrativa,  l'art.  37  contiene  Disposizioni
concernenti le Regioni a statuto speciale e le province  autonome  di
Trento e di Bolzano. 
    Esso, in altre parole, e' destinato a  dichiarare  la  condizione
delle autonomie speciali nei riguardi di una disciplina che  -  anche
per il fatto di essere stata emanata  in  forza  della  delega  posta
dall'art. 2 della legge n. 42 del 2009 - non poteva essere  destinata
a riguardarle come diretti destinatari. 
    Il primo periodo corrisponde a quello che il Governo ha  proposto
alla  Conferenza  come  articolo  35-bis.  Come  pure  illustrato  in
narrativa, esso non corrisponde a quanto richiesto, su istanza  delle
stesse autonomie speciali, in sede di rilascio dell'intesa  da  parte
della Conferenza Stato-Regioni, e tuttavia esprime ugualmente  da  un
lato la circostanza che, appunto, le Regioni speciali e  le  Province
autonome non sono disciplinate dalle disposizioni del decreto n.  118
del 2011, dall'altro pero' - e contemporaneamente  -  la  circostanza
che esse non sono destinate e non chiedono di rimanere  al  di  fuori
del sistema armonizzato di  contabilita',  ma  debbono  entrarvi  nei
tempi e nei modi definiti  da  apposite  norme  di  attuazione  degli
Statuti speciali. 
    Infatti, secondo tale disposizione, «la decorrenza e le modalita'
di  applicazione  delle  disposizioni  di  cui  al  presente  decreto
legislativo nei confronti delle Regioni a statuto  speciale  e  delle
province autonome di Trento e di Bolzano, nonche' nei confronti degli
enti locali  ubicati  nelle  medesime  Regioni  speciali  e  province
autonome, sono stabilite, in conformita' con i relativi statuti,  con
le procedure previste dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009,  n.
42». 
    Sennonche', in sede  di  emanazione  del  decreto  alla  predetta
disposizione  al  primo  periodo   e'   stata   unita   una   seconda
disposizione, che forma ora il secondo periodo. 
    In base ad essa, «qualora entro sei mesi dall'entrata  in  vigore
dei  decreti  legislativi  di  cui  all'articolo  36,  comma  5,  non
risultino concluse le procedure di cui  al  primo  periodo,  sino  al
completamento delle procedure medesime, le  disposizioni  di  cui  al
presente decreto e ai decreti legislativi  di  cui  all'articolo  36,
comma 5, trovano immediata e diretta  applicazione  nelle  Regioni  a
statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano». 
    Tale  disposizione  e'  qui  impugnata  come   costituzionalmente
illegittima. 
    Infatti, a questo modo da un lato si sono ecceduti i limiti della
delega conferita dal d.lgs.  n.  42  del  2009,  dall'altro  si  sono
violate le regole poste dallo Statuto di autonomia e dalle  norme  di
attuazione in materia di  competenza  legislativa  provinciale  e  di
rapporti tra legislazione statale e legislazione provinciale. 
    Prima  di  illustrare  tali  affermazioni,  sia   consentito   di
osservare che la condizione alla quale  la  disposizione  ora  citata
subordina la semplice e diretta applicazione delle norme  statali  e'
per lo Stato stesso meramente potestativa: dipendendo  in  definitiva
la corretta conclusione delle relative procedure dallo Stato stesso. 
    Che la delega di cui all'art. 2 della legge n. 42 del 2009 non si
riferisca alle Regioni speciali ed alle Province autonome  e'  sempre
stato pacifico  lungo  tutto  il  processo  di  attuazione  del  c.d.
federalismo fiscale, ed e' del resto esplicito nella legge: la  quale
all'art. 1, comma 2, precisa che «alle regioni a statuto speciale  ed
alle province autonome di  Trento  e  di  Bolzano  si  applicano,  in
conformita' con gli statuti, esclusivamente le  disposizioni  di  cui
agli articoli 15, 22 e 27». Il significato chiaro ed univoco di  tale
esclusione e' stato confermato da codesta ecc.ma Corte costituzionale
con la sentenza n. 201 del 2010, che  proprio  per  tale  ragione  ha
giudicato inammissibile il ricorso  proposto  dalla  Regione  Sicilia
avverso numerose disposizioni della legge n. 42 del 2009,  affermando
che  «non  sono  applicabili  alla  Regione  Siciliana  gli  indicati
principi e criteri di delega contenuti nelle disposizioni  censurate»
(punto 2 in diritto). 
    L'art. 27, in  particolare,  fissa  appunto  (come  dice  la  sua
intitolazione) le modalita'  di  Coordinamento  della  finanza  delle
regioni a statuto speciale e delle province autonome. E lo  strumento
al quale tale disposizione rinvia e' - come e' ovvio -  quello  delle
norme di attuazione dello Statuto. 
    Dunque, disporre l'applicazione diretta alle  autonomie  speciali
delle disposizioni di cui al d.lgs. n. 118 del 2011  fuoriesce  dalla
delega e contraddice il sistema della legge n. 42 del 2009. 
    Ovviamente, poiche' il limite contenuto dalla delega e'  volto  a
salvaguardare la  specialita'  delle  Regioni  differenziate,  questa
Provincia e' legittimata a denunciare la violazione dell'art. 76, che
si riflette in una  menomazione  delle  sue  prerogative  ed  in  una
parificazione con le Regioni ordinarie. 
    Ugualmente pero' preme  alla  ricorrente  Provincia  autonoma  di
Trento sottolineare il contrasto tra la disposizione qui impugnata  e
le regole poste dal proprio Statuto di  autonomia  e  dalle  connesse
norme di attuazione, traducendosi in una illegittima  compressione  e
riduzione della potesta' legislativa provinciale. 
    Rileva  qui,  in  primo  luogo,  l'autonomia  finanziaria   della
Provincia, come  definita  dal  Titolo  VI  dello  Statuto  speciale,
soprattutto agli articoli 79, 80, 81 e 83. 
    In particolare, l'articolo 83 (come  modificato  dalla  legge  23
dicembre  2009,  n.  191,  nel  quadro   della   procedura   prevista
dall'articolo 104 dello stesso Statuto), dopo avere enunciato che «la
regione, le province ed  i  comuni  hanno  un  proprio  bilancio  per
l'esercizio finanziario che coincide  con  l'anno  solare»,  prosegue
stabilendo  che  «la  regione  e  le  province  adeguano  la  propria
normativa alla legislazione dello Stato in materia di  armonizzazione
dei bilanci pubblici». 
    Rileva altresi', al  livello  delle  norme  di  attuazione  dello
Statuto, quanto disposto dall'articolo 16 del decreto legislativo  16
marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale  e  provinciale),
secondo il quale «spetta alla Regione e alle province  emanare  norme
in  materia  di  bilanci,  di  rendiconti,  di  amministrazione   del
patrimonio e di contratti della Regione e delle province  medesime  e
degli enti da esse dipendenti». 
    In base  a  tali  poteri  la  Provincia  autonoma  di  Trento  ha
disciplinato la materia con la legge provinciale 14  settembre  1979,
n. 7 (Norme in materia di bilancio e di contabilita'  generale  della
Provincia  autonoma  di  Trento),  oggetto   poi   di   numerosissime
successive modificazioni fino al 2010. 
    Per quanto riguarda gli enti locali ed il servizio sanitario - ed
i  connessi  enti  competenti  -  rilevano  altresi'  la   competenza
concorrente in materia di finanza locale (articoli 80 e  81  St.),  e
quella in materia di igiene e sanita' (articolo 9,  n.  10),  con  il
finanziamento integrale del settore sanitario a carico  del  bilancio
provinciale,  (come  riconosciuto  dalla  Corte  costituzionale   con
sentenza n. 341 del 2009, punto 6 del considerando in diritto). 
    Posto  dunque  che  si  tratta  di  materia  di  riconosciuta  ed
esercitata competenza provinciale, rileva ancora, per quanto  attiene
il rapporto tra fonti statali e fonti provinciali, l'articolo  2  del
decreto legislativo 18 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione  dello
statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti  il  rapporto
tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonche'
la potesta' statale di indirizzo e coordinamento)  secondo  il  quale
nelle materie di competenza provinciale le nuove norme statali non si
applicano direttamente, ma determinano un onere di adeguamento  della
legislazione provinciale, nel termine di sei mesi dalla pubblicazione
o nel piu' ampio termine stabilito, alle  norme  statali  costituenti
limiti ai sensi degli articoli 4 e 5 dello Statuto speciale.  Ove  lo
Stato ritenga che la legislazione provinciale non sia stata adeguata,
esso e' abilitato  ad  impugnarla  davanti  a  codesta  ecc.ma  Corte
costituzionale, alla quale spetta di giudicare: e se il  giudizio  di
codesta Corte sia sfavorevole alla Provincia, allora - ma solo allora
- si applicheranno direttamente le disposizioni statali. 
    Ad avviso della ricorrente Provincia risulta evidente che  quanto
disposto dal secondo periodo dell'art. 37 del d.lgs. n. 118 del  2011
contrasta  con  tali  disposizioni.  La  diretta  applicazione  della
normativa  statale,  in  sostituzione  di  quella   provinciale,   in
relazione soltanto al decorso di un termine  senza  che  siano  state
emanate le norme di attuazione dello Statuto, viola  tutti  e  tre  i
parametri indicati: l'art. 16 del d.lgs. n. 268 del  1992  in  quanto
disconosce la spettanza alla  Provincia,  e  non  allo  Stato,  della
disciplina materia di bilanci, di rendiconti, di amministrazione  del
patrimonio e di contratti; l'art. 83 dello Statuto, in quanto  questo
precisa il legame tra la competenza  provinciale  e  la  legislazione
statale in termini di adeguamento; l'art. 2 del  d.lgs.  n.  266  del
1992 in  quanto  questo  preclude  la  sostituzione  della  normativa
statale a quella provinciale in assenza di  un  giudizio  di  mancato
adeguamento da parte di codesta ecc.ma Corte costituzionale. 
    Rimane solo da precisare che  l'aggiramento  delle  competenze  e
garanzie statutarie non potrebbe in alcun  caso  essere  giustificato
dalla circostanza che le disposizioni del d.lgs. n. 118 del 2011 sono
- secondo lo stesso decreto - finalizzate  «alla  tutela  dell'unita'
economica della Repubblica  italiana,  ai  sensi  dell'articolo  120,
secondo comma, della Costituzione». 
    Tale finalizzazione, infatti, non consente certo una  alterazione
preventiva  del  rapporto  tra  fonti  statali  e  fonti  provinciali
disegnato dallo Statuto e dalle norme di  attuazione.  Ne'  rende  la
normativa  statale  atto  di  esercizio  di   un   legittimo   potere
sostitutivo: riguardo al  quale,  del  resto,  codesta  ecc.ma  Corte
costituzionale ha precisato, a proposito  delle  autonomie  speciali,
che in relazione alle «competenze gia'  disciplinate  dai  rispettivi
statuti» continuano ad operare «le  specifiche  tipologie  di  potere
sostitutivo in essi  (o  nelle  norme  di  attuazione)  disciplinate»
(sent. n. 236 del 2004). E  la  normativa  di  attuazione  statutaria
prevede  bensi'  un  potere  sostitutivo  specifico,  definendone  le
modalita' di esercizio, in relazione agli inadempimenti agli obblighi
comunitari (articolo 8 del d.P.R. 19 novembre 1987, n.  526),  mentre
per i rapporti generali tra legislazione prevede  appunto  il  citato
meccanismo di cui al d.lgs. n. 266 del  1992:  il  quale  consente  -
previo  accertamento  da  parte  di  codesta  Corte   della   mancata
ottemperanza all'obbligo di adeguamento normativo, di  sostituire  la
normativa  statale  a  quella  provinciale.  Solo,  pero',  nei  modi
indicati. 
    Risulta infine - sul punto - violato anche il principio di  leale
collaborazione,  dato  che  il  decreto   fa   espresso   riferimento
all'intesa raggiunta in sede di Conferenza, che riguardava  un  testo
nel quale il secondo periodo dell'art. 37 non figurava  affatto:  ne'
si puo' dire che si tratti di una alterazione secondaria o marginale. 
    2. -  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  29  ,  comma  1,
lettera k. 
    Come esposto in narrativa, a seguito del confronto tra lo Stato e
le Regioni il campo di applicazione della normativa statale e'  stato
correttamente  definito  come  relativo  alle   Regioni   a   statuto
ordinario,  mentre  per  le  Regioni  a  statuto  speciale  e'  stata
introdotta  una  apposita  disposizione  di  rinvio  a  quanto  sara'
disposto con norma  di  attuazione,  riprendendo  cosi'  il  medesimo
schema operativo della legge n. 42 del 2009, in forza della quale del
resto e' emanato il d.lgs. n. 118 del 2011. 
    A questo scopo nel corpo delle disposizioni dei due  titoli  sono
stati espunti i riferimenti alle  Province  autonome,  che  la  bozza
originaria del decreto conteneva.  Cio'  anche  per  quanto  riguarda
quelli contenuti nella disposizione che ora forma l'art. 29. 
    Tuttavia, incongruamente, nel testo del decreto  emanato  compare
al comma 1, lettera k, il riferimento alla Provincia autonoma esposto
in narrativa: un riferimento del quale,  nell'esprimere  l'intesa  in
Conferenza Stato-Regioni, le autonomie speciali avevano espressamente
chiesto la soppressione (seduta del 10 febbraio 2011 della Conferenza
delle Regioni e delle Province autonome, espressiva  della  posizione
sulla quale si e' formata l'intesa: doc. 4). 
    Si tratta, come detto, di un mero difetto di  coordinamento,  che
puo'  essere  rimediato  in  via   interpretativa,   essendo   palese
l'intenzione del legislatore  di  disciplinare  la  situazione  delle
Regioni speciali soltanto con l'art. 37. 
    Tuttavia, ragioni  di  chiarezza  normativa  e  di  certezza  del
diritto spingono a censurare  anche  tale  riferimento,  al  fine  di
ottenerne l'eliminazione testuale. 
    Infatti, se dovesse essere preso alla lettera,  tale  riferimento
implicherebbe la diretta applicazione alla Provincia delle regole  di
contabilita' poste dallo stesso art. 29 - o almeno da parte di esso. 
    Se cio' fosse, dovrebbero lamentarsi  tutte  le  violazioni  gia'
lamentate a proposito del secondo periodo dell'art. 37,  che  qui  si
intendono richiamate: sia la violazione  della  delega  di  cui  alla
legge n. 42 del 2009,  sia  la  violazione  delle  competenze  e  del
sistema dei rapporti tra legge statale e legge  provinciale  previsti
dallo Statuto e dalle norme di attuazione. 
    La diretta applicazione sarebbe tanto piu' assurda  e  lesiva  in
quanto le Province autonome non  partecipano  al  riparto  del  Fondo
sanitario nazionale, ma gestiscono  la  spesa  sanitaria  nel  quadro
delle proprie risorse e del proprio bilancio: il che conferisce  loro
la speciale autonomia che codesta Corte ha espressamente riconosciuto
con la sentenza n. 341 del 2009. 
    Del resto, che le norme del decreto legislativo n. 118  del  2011
riguardino «gli enti coinvolti nella gestione della  spesa  sanitaria
finanziata con le risorse destinate al Servizio sanitario  nazionale»
e' disposto espressamente dall'art. 1, comma 5, dello stesso decreto. 
    Dunque, tale riferimento e' altresi' affetto da  incongruita'  ed
incoerenza,   con   conseguente   violazione   del    principio    di
ragionevolezza. Tale vizio puo' essere utilmente fatto  valere  dalla
Provincia, per le ragioni gia' esposte nel punto 1 in relazione  alla
censura fondata sull'art. 76 Cost. 
    Risulta violato anche il principio di leale collaborazione,  dato
che il decreto fa espresso riferimento all'intesa raggiunta  in  sede
di Conferenza, che invece richiedeva la soppressione del  riferimento
alla Provincia autonoma.